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LESIONE DI SEGOND: DITO a MARTELLO !

LESIONE DI SEGOND: DITO a MARTELLO !

 

La frattura articolare della falange distale di un dito della mano ove si inserisce il tendine estensore è stata definita dalla letteratura anglosassone come “mallet fracture” .Nel 1880 fu Segond per la prima volta che descrisse il dito a martello post-traumatico comprendendo sia il quadro clinico dovuto alla sola lesione del tendine estensore che quello con la frattura articolare della falange distale. Nei casi di rottura del solo apparato estensore anche associata anche a frammento osseo di piccole dimensioni il trattamento universalmente è incruento, mentre il dito a martello osseo propriamente detto necessità di un trattamento chirurgico .Sono molteplici e differenti le tecniche chirurgiche suggerite per questa patologia. Il meccanismo traumatico della lesione di Segond può essere diretto o indiretto. La tecnica “a manico d’ombrello”, che noi utilizziamo con alcune modifiche, si esegue in anestesia digitale, con l’ausilio di un amplificatore di brillanza.

Eseguo la transfissione del frammento dorsale dislocato con un filo di Kirschner del diametro di 1 mm., diretto in senso dorso volare. Poi si attraversa anche la falange distale fino ad uscirne volarmente. Il tutto viene fatto sotto controllo amplioscopico. Poi si arriccia l’estremità dorsale del filo di K. che tirerà, previa minima incisione cutanea, agganciando il frammento distale con la sua bendelletta dell’estensore. Il filo di K. Viene trazionato volarmente fino ad ottenere la riduzione della frattura. Rispetto a Fanfani e coll. la controspinta viene mantenuta da un “piombino da pesca” applicato volarmente alla cute bloccando il filo di K. che si àncora alla stessa pallina di piombo.

Questo stabilizza la frattura e permette la distribuzione della pressione su un’ampia superficie. A fine intervento viene applicato un piccolo tutore dorsale per 5 giorni, dopo procediamo alla precoce mobilizzazione dell’articolazione interfalangea prossimale. Rimuoviamo il filo di K. dopo 6 settimane. Questa patologia è di frequente riscontro. L’evoluzione della lesione non trattata può portare ad una perdita delle capacità di estensione della falange distale con possibile successiva comparsa della deformità a collo di cigno. Le tecniche di comune utilizzo sono varie. A garanzia di un buon risultato sono obbligato a seguire scrupolosamente i pazienti nel post-operatorio e informarli più volte sui rischi connessi al fatto se non si attenevano alle regole imposte anche da seguire al proprio domicilio. Ritengo tale tecnica indicata nei pazienti che hanno subito nel trauma il distacco di un grosso frammento scomposto o sublussato della base della falange distale almeno maggiore di 1/3 della superficie articolare.


Figura 1 Maschio di 16 anni, mano destra. Secondo dito a martello con avulsione ossea minore del 50% della superficie articolare. A) Esame radiografico pre-operatorio. B) Controllo radiografico post-operatorio. C) Controllo clinico a 3 mesi dall’intervento
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